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venerdì 6 aprile 2012

L'estinta emozione della Pasqua e dei forni a legna

L'estinta emozione della Pasqua e dei forni a legna

Quanta nostalgia, è la prima cosa che potrei dire.

Qui però non parlerò di emozione verso la Pasqua come avvenimento religioso cristiano, quella è altra cosa, ma principalmente come quel periodo dell'anno dove ci sono quei pochi giorni di vacanza, e le tradizioni popolari si intrecciano con il periodo pasquale.

Di solito in questi periodi pasquali, ero abituato al trambusto della preparazione delle pastiere e del pane fatto in casa. Un trambusto piacevole, direi oggi.

Tutti ammassati a vedere come si impastava il pane nella madia o matrone in dialetto. Non si usava il lievito di birra del supermercato, ma un pezzo dell'impasto precedente, chiamato criscito, conservato come solo le nonne sapevano fare nella credenza, usato poi, all'occorrenza, per fare il pane.

Ricordo ancora quando si andava a comprare la farina al molino, ed il giorno dopo si mettevano decine di chili di farina nella madia, si faceva un buco in mezzo e ci si versava il criscito. Poi si aggiungeva acqua calda, fatta scaldare al camino, per amalgamare l'impasto e renderlo morbido.

Ricordo poi che durante la lievitazione sotto le coperte antiche, si preparavano i fasci, di legno d'ulivo, per alimentare i grandiosi forni a legna di un tempo. Parecchi forni sono stati smontati o sono in disuso da decine di anni.

Appena tutto era pronto si infornava il pane, che aveva diverse forme e particolarità. Nel periodo pasquale la nonna preparava, le pigne, forme di pane con un foro centrale e con uova sopra; le pupatelle, che erano forme di pane intrecciate, quasi a simulare una bambolina, che erano riservate a noi nipoti piccoli; poi si facevano anche le pizze con le patate, con la cipolla; pizze ripiene di scarola, chiamati calascioni.

Poi era la volta delle pastiere, che localmente si facevano con il riso ed i canditi.

La sera quando si tornava a casa con i cofani delle macchine pieni di ogni ben di Dio, era una festa.

Purtroppo non ho nemmeno una fotografia, per documentare questi ricordi, anche se in famiglia ogni tanto, inizio il discorso e mio padre parte a raffica con i racconti.

Ricordo con rammarico quell'odore oggi indescrivibile, introvabile, quasi dimenticato: il pane caldo, affumicato, croccante, intrecciato e la dolcezza della pastiera.

Chi può, continui a far rivivere le vecchie tradizioni.